Da Fraturno


 

  ELEGIA                               


Gli ippopotami dolci che nell'acqua
erano tutti immersi (si vedeva
solo la punta della schiena) amore
te li ricordi? Oh come erano teneri
e dolci. E tu dicevi: "Dove sono?
Perché mai dici che son belli se
non si vedono?". Oh, amore, erano
nell'acqua e forse non sapevi il nome
italiano quand' io dissi: "Tesoro!
ci sono gli ippopotami che tornano
giustamente nell'acqua dopo avere,
con gli altri mammiferi dal mare
emancipati, visto il mondo". E quando
uno dei due riemerse, il dolce tiepido
dell'acqua e i baci della sua compagna
lasciando, per respirare e per mordere
un po' la mota all'argine (che schifo!
pensammo, e io dissi: "Deve proprio avere
la bocca sporca!") e fece uno sbadiglio
spalancando d'un tratto tutta quanta
la bocca, oh come era candida e rosa
con gli zannoni! E tu come improvvisa
per lo stupore in un moto dolcissimo
subitaneo scattasti!, e quanti baci
t'avrei voluto dare, ma dovevo
andare avanti, ché le altre macchine
s'erano tutte accumulate dietro
e erano un branco minaccioso e stupido.
 

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ELEGIA
 



Mi dicevi: tesoro! scrivi della
gita alla stalla, scrivila, ti prego!
ché devi dire dei vitelli, devi
dire ogni cosa e, anche, il dolore.
Io non volevo, era orribile il tempo
e io troppo muto, distratto, straniero
in quella stalla. Ma poi (tu ti eri
addormentata) mi sono sdraiato
sul letto e ho scritto le cose che seguono.
Posteggiammo la macchina e corriamo
sotto la pioggia gelida. Entriamo
nella stalla moderna. Cose tristi
a vedersi, ci sembra un ospedale
immenso: qua erano bolle appese
di vetro per il latte in fila dentro
strane piscine e tubi, corridoi,
contenitori fra luci sinistre
e celle ove gli armenti erano chiusi
tra i ferri... Jörg seguivamo, il pastore
fanciullo, amico di Ola, da un mese
qui a fare pratica (Jörg sorridente
come un piccolo dio come faceva
tesoro a non soffrire? O forse era
troppo innocente? Era così? Oh, ti prego
dimmelo!), e entrammo in una stanza piccola
dov'era un toro chiuso da robusti
tubi e una mucca, vicino, sdraiata
(ci disse Jörg ch'era malata) e accanto
chiusi in gabbie di legno tanti piccoli
vitelli. Il toro era muto, impassibile
quasi, la mucca volgeva la testa
a tratti (pure sembrava assorbita
tutta nel suo dolore). I vitellini
erano chiusi e muti e solamente
sporgevano le teste (stranamente
tanto fra lor diverse!), con gli occhioni
umidi e coi capelli sulla fronte
senza ancora le corna. Se andavamo
a accarezzarli ci davano tanti
baci e piangevano e un poco (ma a tratti
solo) scalciavano forte (volevano
correre forse, pensammo). Fra loro
(erano otto) quattro erano a macchie
rosse, tre a macchie rosse e nere e uno
solo era nero. poi ce n'era uno
anche che Jörg diceva (tu tesoro
tutto mi traducevi) che era nato
appena ieri, e a me sembrava tanto
strano che fosse così grande e in grado
già di star dritto e correre e scalciare
(e tu dicevi che era come Ermes
che appena nato già corre a rubare
le vacche sacre, e altre cose faceva).
Tesoro, tu i vitellini baciavi
(ci bagnavano a noi tutti i vestiti)
e eri contenta di sembrare loro
la loro mamma. Io pensavo questo:
Forse non ci sarà storia pacifica
mai sulla terra e sulle stelle, ma
questo è davvero motivo di tante
lacrime: gli uomini parlano tanto
ora di pace, ma nulla li avverte
come la grande pace sia impossibile
coi poveri pensieri di cui nutrono
se stessi e il mondo, e ben altro davvero
che la cultura nostra tanto stupida
misera vuota e laica può aiutarli.
 

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ALBIO
 


Albio è il piccolo noce che è a sinistra
della strada salendo dalla casa
al cancello. Passando stamattina
l'ho guardato e ho veduto che aveva
fatto delle nocette, a coppie, già
grandine, verdi lucide, un po' rade,
non tante ma bellissime e ho pensato
che l'anno scorso non le aveva ancora
fatte, e quest'anno era la prima volta
che le faceva, e anche guardavo
le foglie chiare perfette ovali
senza neanche una macchia, senza un punto
o un buco, niente, e anche i piccoli rami
alti fino giù al tronco snello nitido
bianco e la forma perfetta gentile
di tutto quanto l'alberetto dritto
nella luce, e pensavo: tutt'intorno
i meli il pero il susino i due poveri
cipressetti piegati dalla neve,
le rose, addirittura la gramigna!
sono malati, e tu sei così sano
invece e lucido e bello e pulito
Albio e stai in piedi nel tuo dolce angolo
nella luce; e pensavo ( e mi sembrava
che stesse come aspettando qualcuno
o qualcosa), pensavo: tutti hanno
qualche male, non c'è nessuno che
non abbia niente, e io avrei dovuto sì
curarli, dargli dei veleni, i rami
potargli e invece non ho fatto niente,
non ho potuto, non ho fatto niente,
e anche la casa e tutto questo presto
dovrò lasciare e i due cipressi piccoli
e Antenore che primo nel pometo
fiorisce e il fico e l'abetino morti
e le rose e l'erbaccia che ricresce
senza posa e il giardino del mio amore
tutto dovrò lasciare, tutto, e tu
Albio sei così bello, oh ma perché
perché sei così sano e bello Albio?
per chi? pensavo, per chi?... e il suo respiro
lieto e quieto sentivo quasi e un'ombra
che si curvava e nella luce un lume
già via cacciavo, già più non volevo
vederlo, e via per la strada tornavo
e non sapevo la tua gloria invece
non la sapevo, non sapevo niente,
e mi venivano, agli occhi, le lacrime.
 

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